Erik Weihenmayer, è un alpinista statunitense di 50 anni che il 25 Maggio 2001 ha fatto la Storia sorprendendo tutto il mondo. L’uomo, all’inizio della sua adolescenza perde del tutto la vista a causa di una terribile diagnosi, una diagnosi che ha cambiato per sempre la sua vita.

Giorno dopo giorno, Erik ha dovuto fare i conti con la propria disabilità e ha imparato a conoscerla ed accettarla, trasformandola in un’opportunità di vita e non in una situazione invalidante. Come viene raccontato nel seguente articolo, l’uomo, con con tanta forza e coraggio, decide di iscriversi all’età di 16 anni a una scuola di alpinismo presso il Carrol Center per non-vedenti. Fin da subito la sua abilità e la sua propensione per l’alpinismo sono evidenti tanto che i suoi maestri lo soprannominano “la scimmietta”. Finalmente, Erik può dimostrare la sua vera natura ed essere se stesso senza paure e timori. 

Così a 32 anni sotto gli occhi del mondo intero decide di compiere un’impresa straordinaria passando alla storia con il soprannome di “Uomo Ragno”: scalare il monte Everest con al fianco solo due bastoni telescopici e un amico fidato a gridargli le istruzioni in codice necessarie. Come tutti sappiamo, l’Everest con i suoi 8.848 metri sopra il livello del mare è la catena montuosa più alta e pericolosa del continente asiatico e del mondo ed Erik ci è arrivato passando prima dal McKinley nel 1995, poi dal Kilimangiaro nel 1997 e dall’Anconcagua nel 1999. Ma le sue imprese non terminano qui: infatti nel 2014 ha disceso in kayak il Fiume Colorado, attraverso il Gran Canyon e nel 2015 ha scalato la parete sud della Marmolada, distinguendosi ancora una volta come il primo alpinista non-vedente della Storia ad aver battuto questo record. 

Riguardo la sua avventura sul Monte Everest, Erik racconta: «Ho dedicato circa 15 minuti tutti i giorni, immaginandomi in piedi sulla vetta – al punto che sentivo la neve scricchiolare sotto i miei ramponi. Sentivo i pantaloni, sentivo il cielo, sentivo il freddo, e sentivo la presenza dei miei compagni di squadra, sentivo le lacrime, iniziavo letteralmente a piangere perché ero lì.  E quando ho scalato l’Everest, era come se l’avessi già scalato 100 volte nella mia mente. Quindi, penso che questo tipo di sistema e questo tipo di programmazione che lavora sul proprio subconscio sia enormemente importante».

La storia di questo alpinista è senza dubbio la storia di una persona con disabilità che non si è arresa di fronte ai limiti che gli ha imposto la vita, evitando di assumere una mentalità vittimistica e soprattutto senza mai compiangersi di far parte di una minoranza discriminata. Speriamo che la storia di Erik Weihenmayer possa dare la forza e la speranza a tutte quelle persone che soffrono a causa di un’invalidità: Non scoraggiatevi, Seguite le vostre Passioni e Trovate la vostra strada. 

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